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venerdì 5 dicembre 2008

IL TERZO POLO TRA ESODI E TAGLI

Come non notare la vena di tristezza con cui ieri sera Daria Bignardi ha dato appuntamento a venerdì prossimo, ultima puntata delle Invasioni Barbariche? Ci si è messo anche Nino Frassica, ospite della serata, che con grande affetto ha chiesto alla conduttrice di non andare via, concludendo con un incoraggiante "Viva LA7". Già, perchè di questo ha bisogno adesso il terzo polo televisivo: incoraggiamento. Con venticinque giornalisti che stanno per essere mandati a casa e l'esodo dei volti più noti dell'emittente, mala tempora currunt nella tv di Telecom Italia Media.

Piero Chiambretti, che da gennaio sarà su Italia1 con Chiambretti night, ha descritto bene la situazione: "Antonio Campo Dall'Orto - ex amministratore delegato di Telecom Italia Media - aveva voluto creare un'isola felice, un terzo polo di qualità. Ma a un certo punto l'editore ha preteso che i conti tornassero". Il provocatore di Markette è stato corteggiato da Mediaset per oltre un anno: da gennaio andrà in onda su Italia1 in seconda serata - ormai potremmo dire in terza - tre volte a settimana per ben due stagioni. "Una proposta irrinunciabile che nessun altro in Italia avrebbe potuto farmi in questo momento - ha spiegato il conduttore irriverente -, neanche gli amici di Sky 20%!". Effettivamente, Pier Silvio Berlusconi ha fatto carte false pur di avere Chiambretti, che insieme alle Iene, a Colorado e alla Gialappa's contribuirà al rilancio di Italia1. Riguardo la decisione di lasciare LA7, Piero Chiambretti spiega: "Era scaduto il mio contratto, non il programma che facevo. Markette era inesauribile perchè attingeva all'attualità". Se Chiambretti si dice dispiaciuto per gli amici giornalisti che Telecom Italia Media sta tagliando in questi giorni, Gad Lerner, altra punta di diamante di LA7 è più realista: "Il nostro telegiornale fa 1/10 degli ascolti del Tg5, ma mantiene un organico di redattori superiore. Anch'io avrei ridotto il numero dei giornalisti per far quadrare i conti". Riguardo la diaspora dei volti noti, Lerner pone alcuni distinguo: "Lo show di Chiambretti aveva costi troppo alti per il nuovo amministratore delegato Giovanni Stella. Giuliano Ferrara, invece, ha scelto spontaneamente di andar via, ma nessuno avrà cercato di dissuaderlo, visto il suo compenso. L'ossessione del risparmio del nuovo ad Stella si è abbattuta anche su Daria Bignardi, nonostante il successo di Invasioni. Daria si è sentita giustamente maltrattata e ha pensato di accettare la proposta di Antonio Marano, direttore di Rai2. Ma la Bignardi avrebbe fatto volentieri a meno - continua Lerner - di reinventarsi in un programma nuovo. E se c'è uno a LA7 che adesso non vorrebbe rinunciare alle Invasioni è proprio l'ad Giovanni Stella". Discorso diverso per l' Infedele: "Il programma ha costi talmente bassi da non preoccupare nessuno - spiega Lerner -. Continuo a lavorare come sempre. Purtroppo con i tempi che corrono posso solo permettermi collaboratori a tempo determinato, anche se sarei felice di assumerli".


martedì 2 dicembre 2008

POLITICA IN TV: MA CHE E' 'STA CACIARA?

A cominciare dalle prime tribune elettorali degli anni '60, la politica si è spettacolarizzata fino a diventare un vero e proprio genere di intrattenimento televisivo. Oggi l'efficacia di un esponente politico si misura anche in base alla telegenia e alla spigliatezza davanti alla telecamera. In ogni partito quelli che bucano lo schermo si guadagnano incarichi prestigiosi creati appositamente per esigenze televisive: speaker, portavoce... Guardano dritto in camera, hanno una voce stentorea e una dizione impeccabile. Non incespicano, non fanno papere, o se ne fanno chiedono alle troupe con cui ormai lavorano quotidianemente di rifare la scena. Dei veri talenti! Vanno in onda a reti unificate nelle principali edizioni dei Tg, autorizzati a irrompere nelle nostre case perchè "funzionano".

Ma questi mattatori degli ascolti televisivi, che si muovono dalle poltrone di Montecitorio a quelle di Porta a Porta passando attraverso schiere di telecamere, riescono a farci sentire più vicini alla classe dirigente? Assolvono al loro compito di coinvolgerci nella vita pubblica e di spiegarcela?


Qualche settimana fa il governatore della Sardegna Renato Soru ha rilasciato la prima intervista televisiva a Daria Bignardi. Non aveva mai partecipato prima a un talk show o a qualunque altra trasmissione. Osservandolo non è difficile spiegarsi il perchè: Soru non è loquace o piacione, non sorride molto e parla con accento sardo. Non ammicca, ma soprattutto non dileggia in maniera colorita l'avversario politico; semplicemente risponde alle critiche e agli attacchi che la Bignardi gli riferisce. Renato Soru è fermo, risoluto, ma non è ossessionato dall'idea di sembrarlo. Riflette prima di rispondere e si prende lunghe pause, incurante dei silenzi poco televisivi. Non gesticola, ha lo sguardo basso, ma la sua voce è pulita, decisa. Da risposte chiare, lineari: niente fronzoli o citazioni erudite. Schivo e austero come la sua terra, il governatore della Sardegna ha la compostezza dei politici di un tempo. Non buca lo schermo, ma è più credibile degli show-man cui tutte le parti politiche, indistintamente, ci hanno abituati: istrioni sempre pronti a puntare il dito contro l'avversario accusandolo di non aver fatto cosa, ad alzare la voce iniziando risse da saloon che fanno impennare gli ascolti e finiscono dritte dritte su you tube. Cosa c'è di rassicurante o chiarificatore in questo circo televisivo della politica?