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lunedì 24 agosto 2009

LA TV PRENDE IN GIRO LA TV

Ancora pochi giorni di tregua, tra documentari, vecchi film e classici della lirica. Chi ci ha preso gusto deve rassegnarsi: la “pax televisiva” sta per finire. Settembre è il mese in cui la tv di Stato e le emittenti commerciali ricominciano a darsi battaglia a colpi di share. L’arma segreta di entrambi i contendenti sarà ancora una volta il talent show. Per portare “fieno in cascina”, Rai e Mediaset scommettono sui format che, oltre a regalare sogni alla gente comune, garantiscono introiti pubblicitari senza eguali.

Gli Amici di Maria De Filippi e i dirimpettai di X-Factor rappresentano vere e proprie slot machine per l’industria televisiva e discografica: catalizzano l’attenzione del pubblico per un’intera stagione, sfornano romanzetti e compilation che svettano nelle classifiche di vendita. Senza contare i gadget come gli articoli per la scuola, lo sport e i contenuti multimediali per cellulari.

Ma quando è troppo è troppo. Dopo anni di acuti strazianti e piroette convulsive, la tv si fa l’esame di coscienza e prende le distanze dal trash che poco ha a che fare con l’idea di talento. Da questa forma di autocritica nascono nuovi telefilm che prendono in giro le sedicenti “accademie”, esasperandone gli aspetti più comici e isterici. È esattamente in questo filone che si colloca Glee, la serie che andrà in onda dal prossimo autunno su Fox.

Ambientata in un campus americano, la storia vede protagonista un professore creativo e idealista: il suo obiettivo è mettere insieme un gruppo di giovani per far rinascere il club universitario di canto e partecipare alle gare regionali di coro – molto popolari in America –.

Come spesso accade nei talent e reality show, prima che bravi i personaggi sono dei veri casi umani: c’è il quarterback della squadra di football che sotto la doccia lascia tutti a bocca aperta cantando come un usignolo; il ragazzo omosessuale vittima degli scherzi dei compagni; il paraplegico che si rivela un eccellente chitarrista; la balbuziente decisa ad avere la meglio sul suo difetto e a dominare il palcoscenico. Come nel programma campione di ascolti American Idol, i protagonisti sono giovani perdenti, insoddisfatti della loro vita ma con uno straordinario talento vocale, la loro “arma” contro i pregiudizi della gente e dei compagni di classe.

10 milioni di americani hanno seguito il primo episodio della serie e la critica è stata generosa. Alte le aspettative anche nel nostro Paese. « Glee è un esempio riuscito di satira intelligente», commenta Leo Damerini, presidente dell’Accademia dei Telefilm. «È la tv che prende in giro i suoi meccanismi più perversi, vedi la smania di trasformare l’emarginato in celebrità. È come se il piccolo schermo avesse sviluppato degli anticorpi», prosegue Damerini, «e reagito al trash mettendo dei paletti. Nel caso delle serie Dirt e Studio 60 – ambientate, rispettivamente, nella redazione di un giornale scandalistico e nel back stage di un programma televisivo simile al Saturday Night Show – questi anticorpi si sono bruciati: nonostante Dirt sia arrivata in Italia nel pieno dello scandalo di “Vallettopoli”, il che la rendeva straordinariamente attuale, gli ascolti bassi ne hanno causato la cancellazione. Stesso destino per Studio 60».

La tv, dunque, è in grado di fare sana autocritica, ma poi ritorna al punto di partenza, come un cane che si morde la coda? «In alcuni casi gli anticorpi hanno resistito», risponde Leo Damerini, «ma si tratta di eccezioni. Il telefilm italiano Boris, per esempio, diario ironico e pungente del dietro le quinte di una sit-com, va in onda dal 2007 con un discreto seguito, ma sul satellite e quindi non deve preoccuparsi dell’audience».

Pubblicato dal quotidiano Libero il 24/08/2009.


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