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lunedì 19 ottobre 2009

LA LEZIONE DI ANTONELLO FALQUI.

Le immagini in bianco e nero della bellissima Mina, regina dei varietà Rai, fanno parte della vita di ognuno di noi. Anche dei più giovani, visto che quei filmati vengono continuamente riproposti.

Programmi come Canzonissima e Studio Uno, che ogni sabato incollavano al piccolo schermo fino a venti milioni di spettatori - oggi se Santoro fa sette milioni con la D'Addario si grida al miracolo! -, hanno fatto la storia della televisione.

E' giusto ricordare che dietro a quei successi senza tempo e all'icona Mina, cui tanto siamo affezionati, c'era un uomo: Antonello Falqui.

Ne La Storia Siamo Noi (ogni lunedì alle 23.30 su Raidue) Giovanni Minoli ha voluto raccontare il genio e la professionalità di questo autore e regista che, oltre a Mina, ha lanciato personaggi del calibro di Rita Pavone e Raffaella Carrà.

Minoli, con l'efficacia di sempre, ha ricostruito il contesto storico in cui Falqui è arrivato al successo. L'Italia del boom economico, giovane e carica di belle speranze, aspettava il sabato sera per scoprire quale fosse il superospite di Studio Uno: e così, di settimana in settimana, al fianco di Mina si succedevano Marcello Mastroianni, Vittorio Gassmann, Alberto Sordi, Totò, etc. Ognuna di quelle apparizioni rappresenta oggi un prezioso cimelio.

L'epopea di Antonello Falqui inizia nel 1958 con lo straordinario successo de Il Musichiere, condotto da Mario Riva, e termina nel 1974 con Milleluci, il varietà che mette insieme due regine: Mina e Raffaella Carrà.

Al lavoro appassionato di Falqui si devono i successi di Canzonissima e la consacrazione di molte star della musica, come Patty Pravo o Massimo Ranieri. C'è lui dietro le coreografie spettacolari di quei varietà, lui dietro a ogni singolo costume.

Poi, sul finire degli anni '70, arriva il colore e la tv inizia a cambiare... Sarà vero, come ha commentato Loretta Goggi in una recente intervista, che nella tv di oggi - punto di partenza, non di arrivo - non c'è più spazio per gli artisti? Per quei talenti che Antonello Falqui era così bravo a individuare e valorizzare?

Eppure, i palinsesti dedicano quotidianamente spazi al varietà di allora: la tv che non ha il coraggio di reinventarsi e di scommettere sulle competenze si rifugia nei ricordi; si illude di riempire vuoti contenutistici, che intanto diventano voragini.

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